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ANALISI CRITICA DELLA SITUAZIONE LOMBARDA PRE COVID 19

In molti iniziano a chiedersi perché proprio in Lombardia è scoppiato in modo così devastante il COVID 19 superando perfino l’apocalisse cinese. Al di là di eventuali responsabilità sull’adeguatezza dei protocolli e dei percorsi all’interno degli ospedali voglio concentrare le osservazioni non sul tragico momento attuale ma sul periodo immediatamente precedente. Non è un mistero che il 40 % delle prestazioni sanitarie in Lombardia siano di appannaggio di strutture private e oltre il 90 % delle RSA siano di gestione privata. Nell’ambito delle RSA è divenuta famosa una società privata assurta agli onori della cronaca in quanto per realizzare lauti profitti risparmiava sul cibo per i pazienti (che così dimagrivano vistosamente) e sui costi del personale. Con il titolare che perfino si vantava di tutto questo come da intercettazioni. Ho interrogato Regione per capire se le strutture saranno riaccreditate. Visto i precedenti e una certa esperienza in merito sono parecchio pessimista. Sul fronte strettamente sanitario la Regione prosegue imperterrita sulla strada della privatizzazione come iniziato dal mai ripudiato Formigoni. La legge Regionale 23 del 2015 nel proseguire su quella strada ha introdotto le ATS che hanno funzioni regolatorie e di programmazione e le ASST quali enti erogatori del servizio poste sullo stesso piano dei privati erogatori. La medicina territoriale è stata completamente smantellata e i medici di medicina generale sono stati lasciati soli. La normativa del 2015 prevedeva la creazione di PRESST (Presidi Socio sanitari territoriali) da distribuire sul territorio lombardo. Tutt’ora i PRESST non sono partiti (in Lombardia sono solo 13) e nemmeno c’è una programmazione per la loro apertura. Nei PRESST dovevano trovare collocazione i medici di medicina generale e l’infermiere di famiglia. Il tutto come documentato nella risposta alla mia ITL. E qui viene l’incapacità totale di Regione Lombardia di programmare alcunché. In genere la programmazione in Regione è assolutamente inesistente e spesso lasciata alla politica del lassez – faire. Valga l’idea di come viene affrontata l’emergenza urgenza e cioè con la società AREU. Un soggetto formalmente pubblico (è un’azienda regionale) ma che gestisce il sistema dell’emergenza urgenza tramite convenzioni con i privati. Le varie entità no profit che spesso accanto al volontariato nascondono situazioni di sfruttamento. Molto spesso la compressione dei costi è fatta pagare infatti ai dipendenti. Gran parte delle attività nell’ambito sanitario vengono svolte da cooperative (di solito di infermieri e operatori socio sanitari) che delle spirito cooperativo hanno ben poco e servono solo per offrire servizi a prezzi bassi per vincere gli appalti. Così oltre ad avere una sanità “privata” al 50 % quasi, abbiamo anche un settore pubblico che abusa delle prestazioni verso terzi per sostenere le proprie prestazioni. E ogni possibilità di invertire la rotta si scontra con l’idea del privato è bello ed efficiente tanto cara al Presidente Fontana e Bertolaso che raggiunge il suo apice nell’ospedale presso la Fiera. La mancata costituzione dei PRESST ha lasciato la medicina territoriale completamente scoperta con il risultato che non trovando nessun presidio sanitario in loco, spesso ci si deve recare al pronto soccorso anche per un mal di pancia. Così si ingolfano gli ospedali generando inefficienza e dirottando verso il privato l’erogazione di prestazioni ad altro valore aggiunto. Con questo sistema la sanità pubblica decade sempre di più, mentre quella privata genera sempre maggiore profitto. A dirlo del resto è il Sole 24 Ore. In tale situazione non stupisce che i Medici di Medicina Generale si lamentino perché sono senza DPI. Del resto, sono stati abbandonati da Regione ben prima del COVID. Forse è eccessivo pensare che questo sistema organizzativo sia stato creato apposta per favorire il privato (la sanità lombarda vale 19 miliardi e quindi gli appetiti sono tanti). Allora proseguiamo sulla strada della incapacità organizzativa. Quindi Regione non è in grado di stabilire quanti PRESST intende fare in questa legislatura e non sa nemmeno quali ospedali potenziare o come gestire. Una prova l’abbiamo in Brianza ove dopo l’insistenza di alcuni comitati si cerca di riorganizzare l’ASST della Brianza. E qui Gallera deve ringraziare di non essere finito a gambe all’aria facendo sua la mia proposta di trasformare il San Gerardo in Istituto di Ricerca Scientifica. Possibile che in Lombardia ci siano solo 4 Istituiti di Ricerca pubblici e 15 privati? E’ la prova che si pensa di più al privato che al pubblico. E la qualifica di IRCSS determina un ingente afflusso di risorse pubbliche. Quindi Regione nel suo Programma Regionale di Sviluppo non prevedeva nessuna apertura di nuovi IRCSS pubblici e nemmeno indicazioni circa i PRESST e l’infermiere di comunità. Le ATS si limitano ad accreditare le strutture pubbliche e private in regime di parità di trattamento e della programmazione assolutamente nulla. Ma è possibile che solo il 17 marzo all’assessore Cattaneo abbia scritto per attivare una filiera di fornitura e produzione di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) idonei a fronteggiare la sfida che stiamo vivendo? Non è che ci si è mossi troppo tardi? Ma esiste un Piano di Emergenza per fronteggiare situazioni simili? Sempre il problema della programmazione. D’altronde la sanità è di per sé un settore con grandi costi fissi che ci si augura non debbano mai essere ripagati!!!!. Quando si costruisce un Ospedale lo si realizza nella speranza di usarlo il meno possibile!!!!! La prevenzione dovrebbe evitare il ricorso alle strutture ospedaliere. Quindi in un mondo perfetto ci dovrebbero essere tanti ospedali e strutture sanitarie ma tutte vuote perché siamo sanissimi. Ovviamente questo è impossibile ma permette di introdurre che l’impiego delle risorse è un fondamentale elemento politico. In Svizzera il 95 % dei cittadini ha un posto in un ricovero anti atomico. Che per fortuna non hanno mai utilizzato. Ebbene qui in Lombardia si pretendeva non di avere un letto in ospedale per ciascun cittadino ma almeno un numero di posti in terapia intensiva adeguato agli standard europei e una scorta di DPI o una pianificazione per la loro produzione in caso di emergenza. In Svizzera che non è in guerra da oltre 800 anni ci sono corsi di aggiornamento per i militari riservisti ogni anno. In tutte la aziende ogni anno viene fatta la prova di evacuazione di emergenza in caso di incendio. In Regione Lombardia è mai stato ipotizzata una situazione non dico smile ma che si potesse avvicinare a quella attuale? Non solo c’è carenza di programmazione, ma anche quando venga fatta lo è con principi sbagliati. Possibile che l’Ospedale della Fiera viene realizzato con fondi privati quando la Regione ha una enorme solidità finanziaria come dimostra un aumento di capitale a Pedemontana di 350 milioni di euro da approvare in queste settimane e una garanzia di 600 milioni già definitiva? Ma perché le autostrade non le realizzano con i fondi privati e gli ospedali con i fondi pubblici? Non c’è qualcosa di completamente strano in tutto questo?

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