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TANTI AVVOCATI MA POCA GIUSTIZIA

La questione circa la nomina nel comitato tecnico scientifico in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata e le diverse dichiarazioni alla stampa impongono una riflessone più generale sul sistema giustizia e la qualità delle leggi del nostro Paese. Nel 1921, Pietro Calamandrei scrisse un saggio dal titolo “Troppi avvocati!” dal quale si alzava forte la critica verso tutti quei legali che “riempiono le aule del Parlamento trasformandolo in Camera d’Avvocati”. È passato quasi un secolo, ma non molto è cambiato. La professione più rappresentata nella scorsa legislatura era quella degli avvocati che è a livello di record per numero di professionisti per abitante in Italia rispetto al resto del Mondo. Eppure la giustizia in Italia non funziona, i processi durano un’eternità e una cosa semplice come farsi pagare diventa un’impresa che scoraggia gli investitori stranieri. Evidentemente non basta essere del mestiere (anche il fenomeno dei giudici in Parlamento è un fenomeno da valutare) per dare il giusto contributo. Anche perchè è normale che chi viene eletto tende poi a fare leggi a favore di chi lo ha votato. E se chi ti ha votato (oppure chi ti ha messo in Parlamento nei casi di elezioni senza preferenza) preferisce avere processi lunghi, prescrizioni brevi o leggi ambigue che si prestano a diverse interpretazioni, è chiaro che poi alla fine le leggi sono “illeggibili” e la certezza del diritto una mera chimera e l’illegalità diffusa la quotidiana realtà. Se poi ci mettiamo che le leggi vengono fatte apportando una miriade di emendamenti che appesantiscono il testo e spesso sono solo il contentino per qualche promessa elettorale, si comprende come mai l’Italia, oltre a non essere più la patria del diritto non è nemmeno quella della giustizia. Di conseguenza vista la situazione del nostro Paese con una corruzione altissima e le organizzazioni criminali che hanno raggiunto i vertici delle istituzioni, l’attenzione deve essere altissima. Anche perchè la mafia non è più quella terriera che c’era prima della seconda guerra mondiale e non più nemmeno quella del tritolo che la storia recente ci ha lasciato. La mafia nell’era post industriale è fatta di commercialisti, avvocati, notai, imprenditori, finanzieri e uomini delle istituzioni che depredano il nostro Paese tramite la corruzione e i grandi appalti ed eventi pubblici. In questo millennio è più facile trovare la mafia nelle banche che nelle stalle come nel secolo scorso. E’ per questo che la sensibilità verso il fenomeno deve essere mantenuta alta, e ogni elemento che possa agevolare l’economia criminale come l’uso del denaro contante eccessivo e i paradisi fiscali devono essere contrastati.

 

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