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L’AUTONOMIA REGIONALE E’ UN’OCCASIONE CHE NON POSSIAMO PERDERE

Il dibattito politico inizia ad avere come oggetto qualcosa di veramente interessante e a suo modo rivoluzionario. Si tratta dell’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione sulle condizioni di autonomia delle Regioni. L’attuale formulazione dell’articolo 116  della Costituzione deriva dalla riforma costituzionale del 2001 che è stata anche approvata a seguito di referendum consultivo dagli italiani il 7 ottobre dello stesso anno. Il testo attuale è quindi il seguente:

Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

A cui nel 2001 è stato aggiunto quanto segue:

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117, e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

A distanza di oltre 18 anni ci troviamo quindi a discutere su come applicare questa norma che tendeva a colmare una lacuna nell’ambito costituzionale. Per le Regioni diverse da quelle a Statuto Speciale non si prevedeva nessuna diversa modalità di autonomia.  Parliamo di regole identiche per Regioni come la Lombardia (10 milioni di abitanti), il Piemonte (4,3 milioni di abitanti), il Veneto (4,9 milioni di abitanti) e il Molise (300 mila abitanti), la Basilicata (566 mila abitanti) e l’Abruzzo (1,3 abitanti) per esigenze che sono inevitabilmente diverse. Le ultime regioni citati corrispondo al’incirca ad una delle Province delle Regioni più grosse del nostro Paese. Già solo questo dovrebbe far riflettere sull’esigenza di dotare diverse modalità di gestione le Regioni più grosse. Ciascuna Regione ha poi delle sue peculiarità storiche ed economiche. Per quanto anche in Regioni come la Basilicata o l’Abruzzo ci sia una fiorente manifattura e operosità delle popolazioni residenti, è chiaro che i numeri delle Regioni più settentrionali siano completamente diversi tali da potersi confrontare con altri stati europei della dimensione della Danimarca (5,7 milioni di abitanti), Belgio (11,3 milioni di abitanti) e Olanda (6,2 milioni di abitanti). Già solo per tali motivi andrebbero attributi alle Regioni italiane di più ampie dimensioni regole e potestà diverse da quelle più piccole. In questo modo le Regioni italiane più grosse, ben potrebbero confrontarsi ad armi pari con le nazioni del nord Europa di pari dimensioni. La questione che le regioni del nord Italia vorrebbero trattenersi il residuo fiscale (cioè quella parte di risorse che vengono prelevate da un determinato territorio e le risorse che in quel territorio vengono spese), è una questione diversa che verrà eventualmente trattata successivamente. Attribuendo maggiore autonomia a Regioni italiane che hanno la dimensione di uno Stato, si permette a questi territori (che faticano a entrare nell’epoca post industriale) di poter esprimere al meglio e proprie potenzialità fungendo da traino poi per il resto dell’economia italiana. Si tratta di una sfida che non possiamo non cogliere. A 18 anni dall’approvazione della riforma costituzionale stiamo ancora discutendo su come applicarla. Significa che chi c’era prima non aveva interesse a modificare l’assetto socio economico di quest’Italia che ha prodotto disoccupazione e la strada dell’emigrazione per tantissimi giovani laureati italiani (i numeri dell’emigrazione sono gli stessi degli anni cinquanta salvo che ora abbiamo anche la “fuga dei cervelli”). Il Governo del Cambiamento non può che cogliere questa occasione, in contrapposizione all’immobilismo degli anni precedenti. Non sarà una rivoluzione ma almeno avremo provato ad avere un’Italia diversa.

admin

One Comment

  1. Sono un Siciliano che da qualche anno vive e lavora in Lombardia . Per me anche la Lombardia dovrebbe avere la sua autonomia . Al Referendum scorso ho anche votato Si per correttezza intellettuale.

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