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AREU: LA GARA PER LA GESTIONE DELL’EMERGENZA URGENZA FINISCE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

AREU è l’ente che si occupa dell’emergenza urgenza per Regione Lombardia. Parliamo di un colosso con un valore della produzione pari a 250 milioni di euro e 11 milioni di costo del personale.

AREU, il 18 novembre 2020 ha indetto una procedura di selezione per un contraente privato, denominata come segue:

 PROCEDURA DI SELEZIONE SPECIFICA NELL’AMBITO DEL SISTEMA DI SELEZIONE DINAMICO AI SENSI DELL’ART. 57 DEL D. LGS. 117/2017 PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO IN FORMA CONTINUATIVA DI SOCCORSO SANITARIO IN EMERGENZA URGENZA “118” DELLA REGIONE LOMBARDIA CON CONVENZIONI DELLA DURATA DI 48 MESI.

 Bando suddiviso in 238 lotti a cui sono stati invitati 5 soggetti. 

Un’impresa, interessata ma non ammessa alla procedura, ha impugnato gli atti denunciando il fatto che AREU non aveva fornito motivazione a sostegno della scelta di un convenzionamento diretto (ex art. 57 del D.Lgs 117/17), ma aveva creato una sorta di “elenco fornitori” da invitare alle selezioni per i servizi di trasporto sanitari di emergenza e urgenza, invece di procedere ad affidare i suddetti servizi mediante gara pubblica, secondo i principi generali dettati dalla Direttiva UE 2014/24 (come recepita dal D.Lgs. 50/2016). 

Il TAR di Milano il 12 ottobre 2020 si è espresso sul ricorso non concedendo la sospensiva sulla gara chiesta dal ricorrente, il quale si è rivolto allora al Consiglio di Stato. 

E qui viene il bello, perché il Presidente Franco Frattini firma un documento che riporta la seguente citazione: “Vista l’ordinanza della Sezione in data 18 gennaio 2021, n. 536, con cui è stato proposto rinvio pregiudiziale alla C.G.U.E. su questione sostanzialmente sovrapponibile a quella in diritto proposta dell’odierna appellante”, quindi anche per il ricorso lombardo si prevede l’invio alla Corte Europea. 

Anche nel caso richiamato dal Consiglio di Stato si trattava di una cooperativa sociale esclusa dalla procedura, poiché l’art. 57 D. LGS. 117/2017 specifica che “possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato…”. 

Il dubbio sulla non assimilabilità tra cooperative sociali e organizzazioni di volontariato è sorto anche alla Corte Costituzionale nella sentenza n. 255 del 2020, secondo cui “La disposizione è esplicita nell’indicare la facoltà di affidare con convenzione il servizio alle associazioni di volontariato «in via prioritaria». Il che pone un problema interpretativo di soluzione non univoca, sul quale non fornisce argomenti la difesa dello Stato, così come non li fornisce riguardo all’applicabilità dell’art. 57 alle cooperative sociali, in ragione del rapporto tra il Codice del Terzo settore e la legge n. 381 del 1991, che lo stesso codice sembra qualificare come disciplina speciale”. 

Per Frattini il “dubbio della possibile conformità alle norme europee” attiene quindi alla necessità di equiparare le “cooperative sociali” alle “organizzazioni di volontariato” e di conseguenza valutare se anziché utilizzare forme di affidamento in deroga al Codice degli appalti non sia meglio utilizzare norme più trasparenti e partecipative come quelle previste dal D. Lgs. 50 del 2016. 

Anche prendendo spunto dalla cronaca giudiziaria, qualche dubbio su come vengono svolti questi servizi ce lo poniamo. 

Nel mese di marzo del 2021 sono stati arrestati il Direttore generale della ASST di Pavia, oltre ad altri dirigenti, e gli amministratori di una cooperativa sociale per i reati di turbata libertà della gara d’appalto e di frode nelle pubbliche forniture. 

È sempre più evidente dunque che il sistema sanitario sia una rilevante fonte economica (8,7 % del PIL) che dovrebbe essere gestita nel modo più trasparente possibile. Troppo spesso però la deroga ai principi comunitari di concorrenza e trasparenza finisce con il favorire comportamenti illeciti.

A partire dalle condanne a Formigoni e dalle vicende che coinvolsero il San Raffaele, fino ad arrivare a un sistema sanitario che, come dimostra il caso preso qui in esame, è costellato dalla presenza di false cooperative o “organizzazioni di volontariato” che contribuiscono alla privatizzazione e dequalificano le prestazioni sanitarie, è forse ora di chiedersi se non sia il caso di superare il sistema degli accreditamenti e dei convenzionamenti diretti, in favore dell’applicazione del Codice degli appalti. 

Per lo meno in Lombardia, dove l’offerta sanitaria è molto forte e sarebbe possibile attivare sistemi di gare pubbliche per l’aggiudicazione di servizi sanitari. 

Anche qui la cronaca ci mostra che non sempre l’applicazione del Codice appalti è fonte di correttezza delle procedure (vedi l’inchiesta “Smile” che costò il posto ai vertici della Sanità lombarda), c’è però da riconoscere che il qualificare un rapporto contrattuale come derivante dall’applicazione delle norme sugli appalti, identifica in modo certo tutti i rapporti giuridici con delle fattispecie ben definite e che possono meglio prevenire ed eventualmente sanzionare i comportamenti illeciti, oltre che garantire maggiore trasparenza.

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