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I LIMITI DELLA RIFORMA E DELLA SANITÀ TERRITORIALE LOMBARDA

La legge di riforma, con le sue 100 ore di discussione a senso unico, senza che la maggioranza abbia mai seriamente voluto un dibattito, consegna una riforma superficiale e priva di una reale operatività.

Tralasciando le argomentazioni che hanno opposto lo sterile dibattito politico circa il rapporto pubblico privato o la contrapposizione tra ospedale e territorio che spesso vengono citati come bandiera senza un reale approfondimento, mi voglio concentrare su una questione che è stata poco approfondita. Nel PNRR un punto centrale viene attribuito alle C.O.T. che sono le centrali operative territoriali. Ebbene, per far partire la sanità territoriale è fondamentale che queste unità vengano avviate il prima possibile, ancora prima delle case della comunità.

Le COT, infatti, sono quel centro la cui funzione è di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete della sanità territoriale ed emergenza urgenza. Se si riuscisse a ridurre la pressione sugli ospedali con la degenza a casa tramite l’infermiere di comunità e la telemedicina sarebbe possibile ottenere notevoli risparmi di gestione (da reimpiegare sul territorio) nonché un beneficio per i pazienti che preferiscono la casa rispetto all’ospedale.

È chiaro che i sistemi avanzati di telemedicina e i relativi software e il coordinamento dell’attività di degenza e riabilitazione comportano uno sforzo organizzativo e tecnologico avanzato che se venisse immediatamente valorizzato, rappresenterebbe la chiave di volta nella rivoluzione della medicina territoriale.

Ma di come si vogliano introdurre le COT e quale infrastruttura tecnologica si voglia dotare la medicina territoriale e la casa della comunità non vi è traccia nelle proposte di Letizia Moratti. Il motivo è semplice: l’organizzazione del sistema sanitario lombardo è talmente evanescente che Moratti stessa ha la consapevolezza che per non fare una brutta figura ha come unica possibilità quella di affidarsi ai privati. Non è certo tramite gli “yesman” che si costruisce la medicina territoriale del futuro e dal momento che di talenti non vi è alcuna traccia l’unica strada percorribile è quella del coinvolgimento dei privati.

Questo, tuttavia, costituisce un forte limite: è implicito, infatti, nell’utilizzo delle risorse del PNRR il rilancio della sanità pubblica in collaborazione con gli enti territoriali e i relativi servizi sociali. Perché le patologie di cui soffriamo sono l’esito del nostro stile di vita inquinato e dei tempi stressanti. Se si vuole veramente onorare il concetto di One Health è fondamentale puntare su una forte programmazione pubblica che per raggiungere l’obiettivo del benessere psico fisico sociale dei lombardi deve dotarsi di una forte organizzazione pubblica e avvalersi del privato solo come strumento.

Ma proprio per i limiti anzidetti e per la necessità di impiegare i fondi del PNRR in tempi brevi, l’unica possibilità che ha Moratti è quella di affidarsi al privato a causa della desertificazione organizzativa del sistema sanitario lombardo a cui, per esigenze di partito, si è dovuta piegare.   

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